LA "OCCUPAZIONE ACQUISITIVA" DOPO LA SENTENZA DELLE SS.UU. N. 735 DEL 19/1/2015 E LA "OCCUPAZIONE SANANTE" EX ART. 42 BIS T.U. 327/2001 DICHIARATO ILLEGITTIMO DALLA CORTE COSTITUZIONALE CON SENT. 30/4/2015 N. 71
Come è noto la c.d. "occupazione acquisitiva" e/o appropriativa è istituto di creazione giurisprudenziale (v. Cass. S.U. 1464/1983): a seguito di occupazione senza titolo e di realizzazione di un'opera pubblica, la P.A. acquistava il diritto di trattenere ed appropriarsi del bene, mentre al privato era riconosciuto il solo diritto al risarcimento del danno pari al valore venale dell'immobile, tenuto conto della sua natura edificabile o agricola (v. Corte Appello Ancona sentenza n. 359/2014); in definitiva alla costruzione dell'opera pubblica era collegata la estinzione del diritto di proprietà sul suolo privato, pur se illecitamente occupato.
La situazione è totalmente mutata con la recente decisione delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 735/2015 (Presidente Santa Croce - Relatore Di Amato).
Le SS.UU. hanno affermato il seguente principio: "l'illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno. Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terrreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente".
La motivazione si fonda essenzialmente sulla violazione dell'art. 1 del protocollo addizionale della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU), con espresso richiamo alla giurisprudenza comunitaria che censura le forme di "espropriazione indiretta" elaborate dall'ordinamento italiano soprattutto in sede giurisprudenziale (v. sentenze CEDU dal 2000 al 2007 Carbonara e Ventura / Italia; Scordino C. / Italia; ex multis).
Così la motivazione nella annotata sentenza 735/2015: "In conclusione, alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annulltato, l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell'Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. In particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell'occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell'illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e, conformemente a quanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell'occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. A tale ultimo riguardo, dissipando i dubbi espressi dall'ordinanza di rimessione, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell'immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l'opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato (cfr. e plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cass. 28 marzo 2001, n. 4451 e Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710); tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l'acquisto della proprietà del fondo da parte dell'Amministrazione (Cass. 3 maggio 2005, n. 9173; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1814).
La cessazione dell'illecito può aversi, infine, per effetto di un provvedimento di acquisizione reso dall'Amministrazione, ai sensi dell'art. 42 bis del t.u. di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, con l'avvertenza che per le occupazioni anteriori al 30 giugno 2003 l'applicabilità dell'acquisizione sanante richiede la soluzione positiva della questione, qui non rilevante, sopra indicata al punto n. 4 della motivazione".
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, come si vede, ha richiamato anche la c.d. "occupazione sanante" prevista dall'art. 42 bis del T.U. 327/2001 (che ha sostituito il precedente art. 43 dichiarato incostituzionale per eccesso di delega), per legittimare l'acquisizione della proprietà in capo alla P.A.
Il citato art. 42 bis dispone: "Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene".
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 71/2015 qualifica l'istituto introdotto dall'art. 42 bis come una sorta di procedimento espropriativo semplificato che assorbe in sè sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento dell'intero procedimento in presenza dei presupposti indicati dalla norma.
Vengono altresì eliminate tutte le eccezioni di incostituzionalità relative al precedente art. 43: l'acquisto della proprietà del bene da parte della P.A. avviene ex nunc al momento dell'atto di acquisizione sanante; è previsto un obbligo di motivazione "rafforzato"; l'indennizzo comprende non solo il danno patrimoniale, ma anche quello non patrimoniale forfettariamente liquidato; il passaggio del diritto di proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute; ed infine la acquisizione sanante elimina ogni differenza tra occupazione acquisitiva e occupazione usurpativa.
Ci pare che sia stato fatto un passo avanti "verso la ricerca del superamento dei punti di criticità della disciplina dell'istituto (occupazione acquisitiva) rispetto ai principi affermati dalla Convenzione EDU", come ampiamente motivato nella decisione delle SS.UU. Civili n. 735/2015, nella parte in cui richiama la sentenza della CEDU: "Convinta che l'esistenza in quanto tale di una base legale non basti a soddisfare il principio di legalità", non potendo l'espropriazione indiretta comunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione "in buona e dovuta forma".
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